Pleuropolmonite del suino
Actinobacillus pleuropneumoniae, agente causale della pleuropolmonite del suino, è dotato di elevata morbilità e causa potenzialmente alta mortalità, spesso durante il periodo dell’ingrasso e causa notevoli perdite economiche nel settore suino a livello mondiale.
Le forme peracute e acute sono facilmente diagnosticate a causa dei segni clinici evidenti e distintivi e dell’aspetto dei suini morti.
I segni clinici molto meno caratteristici e la bassa mortalità della forma subacuta sono facilmente trascurati e erroneamente considerati come subclinici; comunemente ed erroneamente interpretati come “nessun problema pleuropolmonare” da parte del personale dell’allevamento e dei veterinari. Ciò in parte è dovuto al fatto che A. pleuropneumoniae è endemico negli allevamenti come altri patogeni respiratori, tipo M. hyopneumoniae, a cui si attribuiscono comunemente la responsabilità dei segni respiratori più lievi in parte alla scarsa qualità del monitoraggio quotidiano degli animali in azienda.
Tuttavia, anche la pleuropolmonite realmente subclinica determina lesioni polmonari patologiche e, nonostante l’assenza di segni clinici, l’incremento ponderale medio giornaliero e l’efficienza alimentare possono esserne influenzati negativamente.
La forma cronica, che può svilupparsi da qualsiasi forma di pleuropolmonite, ridurrà ulteriormente la produttività a causa del dolore, della ridotta capacità respiratoria e della riattivazione della malattia da tessuti infetti; le lesioni sono facilmente diagnosticabili con indagini presso i macelli utilizzando ad esempio il Ceva Lung Program (CLP).
Concentrarsi solo sui segni clinici in un’azienda con A. pleuropneumoniae endemico, dove tutte le diverse manifestazioni sono in linea di principio presenti nel gruppo nel tempo, non rivelerà l’impatto reale a livello pleuropolmonare.
La valutazione patologica delle lesioni polmonari sembra essere il metodo meno parziale. Per studiare la pleuropolmonite in tutte le sue possibili manifestazioni, lo score delle lesioni polmonari, come ottenuto con il CLP, è considerato di grande importanza per la gravità e le perdite da malattia respiratoria, tra le quali, quelle causate in allevamento da A. pleuropneumoniae.
In molti casi lo stato esatto dell’ infezione da A. pleuropneumoniae della singola unità produttiva è sconosciuto all’allevatore e al veterinario. Tuttavia, il batterio è endemico in tutto il mondo ed è presente fino all’80-90% delle aziende suinicole, con un massimo di sette diversi sierotipi rilevati nella stessa azienda. La prevalenza dei sierotipi varia tra i paesi, le loro regioni e l’anno di indagine. In particolare, il commercio mondiale di riproduttori e suini destinati all’ingrasso introdurrà nuovi sierotipi; i sierotipi endemici stanno scomparendo solo con l’uso di sistemi di eradicazione che prevedano depopolamento e ripopolamento
Finora, sono stati classificati in tutto il mondo 19 sierotipi di A. pleuropneumoniae. 18 sierotipi, come il 9 e l’11 possono essere considerati uno: il sierotipo 9/11, in quanto la differenza nell’intera capsula polisaccaridica (CPS) è solo un amminoacido e hanno identici profili di tossine (ApxI + ApxII).
Si ritiene che i diversi sierotipi abbiano una virulenza ereditaria abbastanza variabile, in parte a causa dei diversi profili di tossine – Apx. Tuttavia, A. pleuropneumoniae si adatta facilmente alle diverse condizioni ambientali cosa che ne facilita la sopravvivenza e infezioni persistenti anche in condizioni avverse, capace di entrare, in condizioni estreme, nello stadio biofilm-ibernazione, con aumento resistenza antimicrobica e diminuzione della virulenza.
All’opposto, può ulteriormente accrescere la virulenza come risposta all’ aumento dei livelli di catecolamine circolanti dell’ospite.
Per questo motivo lo stesso sierotipo può presentare una virulenza molto diversa in condizioni cliniche differenti: un ceppo meno virulento può determinare un focolaio clinico altamente virulento e viceversa.
In caso di A. pleuropneumoniae endemico le perdite sono di solito osservate durante il finissaggio, con gravi focolai clinici spesso nella fase finale dell’ingrasso. Questo è l’effetto combinato di una immunità materna omogenea, trasmessa col colostro, che di solito protegge fino alla fine del periodo sotto-scrofa. Il lato negativo degli anticorpi contro il colostrali è che ridurranno sempre più la risposta protettiva nei confronti di A. pleuropneumoniae alla vaccinazione. Per questo motivo è importante stimare il momento ottimale della prima vaccinazione con la sierologia trasversale. Di solito eseguita con ELISA, si basa sui titoli dell’esotossina ApxIV con bassa/nessuna virulenza, unica per tutti i ceppi di A. pleuropneumoniae e per l’infezione naturale cioè non indotta dalla vaccinazione.
Le tre esotossine ApxI-III e il lipopolisaccaride di membrana (LPS) sono i fattori di virulenza di maggiore importanza sia per lo sviluppo delle lesioni polmonari che per l’immunità protettiva; ApxI, II e III sono, insieme, antigeni capaci di indurre una protezione crociata.
Sono stati descritti diversi altri fattori di virulenza sui quali sono in corso indagini, tra cui le proteine della membrana, alcune delle quali immunogeniche e quindi in grado di aumentare la capacità protettiva del vaccino.
Un vaccino sierotipo-indipendente contro A. pleuropneumoniae, con una lunga persistenza e con elevata capacità protettiva contro le lesioni polmonari da essere parte integrante di qualsiasi programma di controllo di A. pleuropneumoniae. La sua importanza aumenta con la consapevolezza dello sviluppo delle resistenze antimicrobiche legate ai programmi di trattamento terapeutico di routine.