Parvovirosi e Mal Rosso suino
Infezione da parvovirus suino (PPV)
Il parvovirus suino (PPV), DNA–virus ubiquitario e resistente, è stato considerato molto stabile geneticamente che antigenicamente fino dall’inizio degli anni 2000, quando nuove metodologie di ricerca hanno rivelato nuovi ceppi altamente virulenti e antigenicamente diversi, denominati cluster PPV-27a. Negli anni successivi l’intensa ricerca sul PPV ha rivelato che questo era già accaduto prima con l’identificazione del ceppo altamente virulento PPV-Kresse, definendo il proprio cluster di ceppi “PPV-Kresse-like”.
Oggi consideriamo almeno 7 diversi cluster di PPV. Oltre a 2 altamente virulenti, 4 da lieve a moderata virulenza e 1 basato sul PPV-NADL-2 apatogeno o almeno a patogenicità molto bassa, utilizzato nella maggior parte dei test e nei vaccini commerciali.
Aumentando le ricerche, oltre a diversi nuovi ceppi di campo PPV, sono state identificate anche nuove famiglie di PPV. A un certo punto PPV è divenuto PPV1, ed è stata aggiunta una famiglia virale distinta PPV2-7. Quest’ultima non è ancora considerata patogena, e non deve essere confusa con PPV(1). Recentemente tutti i PPV1-7 sono stati inseriti in nuove famiglie con nomi diversi, lasciando a PPV(1) il nome Ungulate protoparvovirus 1. Tuttavia, sia in recenti pubblicazioni scientifiche, come nella pratica veterinaria suina, quindi anche qui, PPV è chiamato come in passato.
Nessun segno clinico è prodotto da PPV nell’ospite infetto. Tuttavia, l’infezione fetale per trasmissione transplacentare o seminale può provocare perdite riproduttive potenzialmente gravi. PPV è la causa principale della sindrome SMEDI: infertilità, morte embrionale (ritorno del calore), mummificazione e natimortalità; ma anche suinetti sub vitali o viremici. L’aborto non è comune nella PPV. L’esito dell’infezione da PPV dipende dalla virulenza e dalla quantità del virus, e dallo stadio di gestazione.
PPV è probabilmente il più importante agente patogeno singolo causa di problemi riproduttivi nella produzione suina mondiale. Anche nel caso di riproduttori vaccinati al 100% per PPV, gli sono attribuiti casi di problemi riproduttivi tra il 4-8%, al contrario per esempio di Leptospirosi che è identificata solo nel 0-1-2% dei casi. Altri importanti agenti patogeni sono PCV2 (2-25%), PRRS (1-20%), ma anche Chlamydia spp. (0-2%). Al di fuori del l’Europa, la malattia di Aujeszky/Pseudorabbia è un altro importante agente patogeno relativo alla riproduzione.
Per identificare la vera ragione del problema riproduttivo, la sierologia è di scarsa utilità. Occorre avere materiali clinici: feti/mummificatisuinetti nati morti, comprese le corrispondenti placente, devono essere raccolti, congelati e, quando sufficienti, spediti a laboratori in grado di effettuare PCR affidabili almeno per il PPV, il PCV2, il PRRS e la leptospirosi. ALMENO 3 feti/suinetti: 1 bianco 1 marrone e 1 nero da 3 covate con le relative placente assicurandosi che i campioni raggiungano il laboratorio rimanendo sotto gli 0° C
Non è possibile valutare la protezione indotta dal vaccino contro il PPV con qualsiasi metodo sierologico noto (per es. ELISA e VN), in quanto è dimostrato che essi non correlano malattia clinica, infezione e impatto sui feti nella scrofa gravida infetta. Ciò conferma l’importanza potenziale della attivazione precoce di IFN-γ e INF-α nell’infezione da PPV e il ruolo successivo del complesso cellule B della memoria-cellule T helper dell’immunità cellulo-mediata (CMI) come elemento fondamentale per la protezione dal PPV.
L’unico modo per prevenire un insuccesso riproduttivo causato dal PPV è quello di costruire un vaccino su un suo ceppo che copra tutti i ceppi di campo rilevanti e fornisca una protezione sufficientemente forte per evitare perdite fetali.
Erisipela suina – Mal Rossino
Erysipelothrix rhusiopathiae (Ery) è ubiquitario, provoca l’Erisipela suina, malattia economicamente significativa in grado di colpire tutte le fasi della produzione suina e causare perdite significative nella produzione e diminuzione del valore delle carcasse.
La malattia si trasmette principalmente attraverso il contatto diretto con il 30-50% dei portatori asintomatici tonsillari in un allevamento endemico, o per la forte escrezione da parte di animali clinicamente infetti. La trasmissione indiretta da un ambiente potenzialmente molto contaminato, compreso l’Ery presente nel biofilm, sottolinea l’importanza delle misure igieniche come elemento di controllo.
L’erisipela nei suini è presente nell’80-100% dei casi clinici mondiali causati dai tre sierotipi Ery ad alta virulenza 1a, 1b e 2.
I ceppi Ery virulenti possono causare o una setticemia acuta e fulminante entro 36 ore, con possibili caratteristici segni cutanei e vascolari (malattia della pelle a diamante) o un’infezione sub-acuta, più spesso subclinica, con artrite cronica degenerativa e/o endocardite. Queste possono anche essere le conseguenze nei i soggetti sopravvissuti alla forma acuta.
Endocardite e/o artrite cronica degenerativa si svilupperanno spesso dopo diverse settimane prima che vengano evidenziate, senza terapia possibile a causa della loro natura degenerativa.
Un elevato livello immunitario della madre al momento della produzione del colostro può proteggere per 12 o più settimane. Inducendo una forte immunità colostrale vs Ery con una vaccinazione di richiamo preparto con un vaccino adeguato, si possono diminuire le perdite legate alle forme degenerative croniche di Ery anche fino a 40-50 kg di peso corporeo, dato che queste infezioni iniziano diverse settimane prima, quando una protezione colostrale massima era potenzialmente raggiungibile
La virulenza dei ceppi di Ery dipende in gran parte dalla presenza di un particolare gruppo di proteine protettive della superficie, localizzate sul capside e responsabili delle capacità di “evasione” immunitaria del patogeno. Questi antigeni protettivi di superficie (Spa) inducono un processo di fagocitosi non battericida, soprattutto dei macrofagi ospiti. Tali ceppi di Ery rimangono vitali e si moltiplicano all’interno dei fagociti ospiti, lasciando la possibilità di indurre l’erisipela nell’ospite. Tutti i ceppi di Ery suina sono del tipo SpaA.
Gli anticorpi specifici contro SpaA sono gli elementi protettivi principali nel l’immunità dei suini verso l’Ery. Si attaccano alla SpaA, bloccando la fagocitosi non batterica come un anticorpo neutralizzante, mantenendo la capacità di uccidere l’Ery-fagocitato. Inoltre, gli anticorpi anti-SpaA sono opsonizzanti, il che significa che attirano i fagociti e aumentano la loro attività fagocitaria contro l’Ery coperto dall’anticorpo.
Le proteine SpaA di ceppi diversi sono simili, ma non identiche. La capacità di cross-protezione di una data risposta immunitaria indotta specifica per Ery dipenderà dalla qualità dell’epitopo (antigene) utilizzato per generare gli anticorpi anti-SpaA in un dato vaccino.
Anche l’immunità cellulo-mediata (CMI) è importante, non solo per generare i linfociti T della memoria helper, ma anche per indurre l’aumento sia dell’attività macrofagica Ery-specifica che generale. Vanno alla ricerca soprattutto dell’Ery e quando si connettono, i macrofagi sono più aggressivi nei suoi confronti.
I Kit ELISA commerciali per IgG e IgM non rilevano la correlazione con la protezione o con i titoli anti-SpaA.
I test sugli anticorpi anti-SpaA per la correlazione diretta tra malattia e protezione sono stati sviluppati e mantenuti funzionanti a livello sperimentale presso l’Università di Edimburgo fino a un cambio di personale e di calibrazione delle apparecchiature nel 2018-2019. Da allora sono disponibili prove affidabili per la valutazione dello stato di protezione dei suini verso l’Ery.
La vaccinazione è parte integrante del controllo del patogeno, supportata in modo importante da buone misure igieniche e dal controllo climatico degli ambienti. Il vaccino deve proteggere il più possibile contro l’anti-SpaA, indurre la CMI, fornire la migliore cross-protezione possibile, come minimo contro i sierotipi 1a, 1b e 2, e consentire un booster pre-parto per indurre la massima protezione colostrale possibile.